Un ponte di fratellanza per le vie dell’amicizia attraverso l’arte e la cultura
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
direttore Riccardo Muti
Alexia Voulgaridou soprano (Margherita)
Keith Ikaia Purdy tenore (Faust)
Ildebrando D’Arcangelo basso (Mefistofele)
maestro del coro Piero Monti
Arrigo Boito
da Mefistofele
Prologo in cielo
Preludio
“Ave Signor degli angeli e dei santi” Coro
“Ave Signor. Perdona se il mio gergo” Mefistofele, Coro
“Fratelli, teniamci per mano” Coro
“Ave Signor degli angeli e dei santi” Coro
Atto I. Il patto
“Dai campi, dai prati che innonda” Faust
“Son lo Spirito che nega” Mefistofele
Atto III. Morte di Margherita
“L’altra notte in fondo al mare” Margherita
“Salvala!” Faust, Mefistofele, Margherita
“Lontano, lontano, lontano” Margherita, Faust
“Sorge il dì!” Mefistofele, Margherita, Faust
“Spunta l’aurora pallida…” Margherita, Faust, Mefistofele, Coro
Atto IV. La notte del Sabba classico
“Forma ideal, purissima” Faust, Elena, Mefistofele, Nerèo, Pantalis, Coro
Epilogo. Morte di Faust
“Giunto sul passo estremo” Faust
“Ecco… la nuova turba” Faust, Mefistofele
“Ave Signor degli angeli e dei santi” Coro, Mefistofele, Faust
I ruoli di Pantalis e Nerèo sono interpretati rispettivamente da Nadia Sturlese e Hiroki Watanabe
Son lo Spirito che nega
Sempre, tutto; l'astro, il fior.
Il mio ghigno e la mia bega
Turban gli ozi al Crëator.
Dal deserto evocato e ricostruito sul palcoscenico del Teatro Alighieri con il Faust di Gounod, il diabolico personaggio goethiano riappare di nuovo nel deserto, quello vero, che circonda l’antico Teatro di Sabratha, affacciato sul mare libico. Questa volta, però, nella veste musicale che volle dargli Arrigo Boito, con il suo Mefistofele. E il vero protagonista, come del resto il titolo programmaticamente indica, non è più l’uomo vittima della fatale tentazione, ma lui, il diavolo, il male assoluto. Molta era l’attesa, il 5 marzo 1868 alla Scala, per l’opera di questo esordiente, letterato e musicista ventiseienne, punta di diamante dell’intellettualismo scapigliato della capitale lombarda e già molto conosciuto per le sue radicali posizioni progressiste in aperta polemica, come dimenticarlo, con il teatro di Verdi, con cui poi qualche più anno avrebbe proficuamente collaborato. Quale testo meglio del Faust poteva servire all’ambiziosa realizzazione di un teatro rinnovato? Chi meglio di Mefistofele – negazione dell’essere ma anche dubbio che induce alla scienza, male che genera il bene – poteva esprimere il fertile dualismo che animava le riflessioni dell’autore? Certo, sulle prime non fu un successo (complici le quasi sei ore di spettacolo) ma, dopo i consistenti tagli e i rifacimenti che condussero nel ’75 alla versione “bolognese”, i dotti riferimenti di Boito (primo fra tutti Wagner, ma non mancano Gluck e Beethoven) si fondono in forme di classica purezza, lasciando emergere l’autentica vena cantabile del compositore: forse non più l’opera del futuro, ma certo pagine di una bellezza senza aggettivi.