Ravenna Festival volge alla conclusione dell’edizione dedicata al tema della preghiera presentando venerdì 17 luglio al Palazzo Mauro De Andrè (ore 21) “Sutra”, un incontro tra religione, arte e filosofia proposto dai monaci buddhisti del Tempio Shaolin.
L’evento è una co-produzione Sadler’s Wells, Athens Festival, Festival d’Avignone, El Grec Barcelona, La Monnaie di Bruxelles, Grand Theatre Luxembourg, Fondazione Musica per Roma e Tempio Shaolin, e si realizza grazie al contributo di Coop Adriatica.
Preghiera e lotta, statica meditazione e movimenti taglienti come lame, assoluto dominio del corpo attraverso lo spirito. I monaci buddhisti compiono gesti antichi quanto antica è la ricerca spirituale che conduce ad essi, una pratica che si fonda sul profondo rispetto del proprio corpo che, attraverso l’esercizio assiduo e costante diviene veicolo per la meditazione e la concentrazione.
Da questa equazione tra corpo e anima parte il lavoro dell’eclettico danzatore e coreografo belga di origine marocchina Sidi Larbi Cherkaoui che trae origine da una radicata conoscenza dell’attività dei monaci Shaolin frutto di frequentazione, studio e meditazione. Un incontro che, grazie alla fertile curiosità di Larbi si trasforma in racconto, geniale invenzione, teatro universale.
“Come ballerino e coreografo mi sono sempre ispirato alla loro concezione del movimento, alla loro completa identificazione con la vita che li circonda, alla straordinaria capacità di divenire l’essenza di una tigre, una gru o un serpente; di trasformare l’energia da fredda a calda, lo yin nello yang.” Con queste parole Larbi – impegnato da tempo in studi sulla nozione di Dio e sulla ricerca umana del divino – spiega il percorso creativo del suo lavoro. Sviluppare il corpo come mezzo per sviluppare il pensiero, una filosofia, continua il coreografo, “con la quale mi identifico completamente e che avevo seguito intuitivamente prima ancora di sapere che si trattava della base del kung-fu”.
I monaci di Sutra che provengono proprio dal Tempio Shaolin, fondato in Cina ai piedi del monte sacro Song Shan nel 495, seguono una rigida dottrina buddhista della quale il kung-fu è parte integrante.
I riferimenti al pensiero originale emergono anche nel titolo della creazione. Sutra, infatti deriva dalla parola Pali “sutta” e viene usato per definire i sermoni o i racconti di Buddha. Ma i riferimenti non finiscono qui. Nell’induismo, la parola “sutra” sta ad indicare le linee guida della vita di ogni persona. In sanscrito, la parola “sutra” significa “lealtà”, “rettitudine”.
Ventuno scatole che qualche minuto prima formavano i bastioni di un castello (comprensivi di guardie e ponte levatoio), diventano ora i pezzi di un domino e, repentinamente, si trasformano in un germoglio di loto con un Buddha bambino al suo centro. Il bocciolo si dischiude diventando un fiore e i monaci, che hanno raddrizzato ogni scatola-petalo, scivolano al suo interno diventando divinità. È questo lo spazio-tempo creato da Antony Gormley su cui si muovono i monaci.
Un orizzonte modulare allungato come lo spazio o il tempo. Come i lego, le scatole si sono evolute in qualcosa di più di un mero sostegno o di un fondale: forniscono l’elemento identificabile che trascende le molteplici lingue, personalità e discipline artistiche coinvolte. Dalla foresta, al muro, alla montagna, alla città, al camposanto, queste mutano.
La trama emotiva della creazione è data invece dalla musica di Szymon Brzóska. La composizione – considerando la difficoltà di comporre per monaci guerrieri famosi per la loro precisione millimetrica, ma non abituati ad interagire con la musica – cerca di decifrare l’intimo ritmo del linguaggio del loro corpo e di rispondere ad esso con una partitura che non disturbi né armonizzi necessariamente con esso, ma crei piuttosto uno spettro entro cui i movimenti possano fluire liberi.
Info e prenotazioni: 0544 249244
Biglietti da 12 a 52 euro.