maestro del coro Andrej Petrenko
Aleksandr Toradze pianoforte
luci Claudio Coloretti
Sergej Rachmaninov
Sinfonia n. 2 in mi minore op. 27
Aleksandr Skrjabin
Prométhée, le “Poème du feu” per grande orchestra, pianoforte, organo, coro e clavier à lumière op. 60
''Che sogni faccio talvolta! Ma non sono sogni, sono visioni, illusioni che diventano tangibili, suoni che sono quadri''. Così a casa di amici Skrjabin parla, nel 1909, dell'opera sinfonica a cui sta lavorando: è il Prometeo, il Poema del fuoco, che sarà eseguito per la prima volta due anni più tardi, a Mosca. Forse era stata proprio la visione di un quadro, la gigantesca tela del pittore Delville raffigurante Prometeo, ad ispirargli il soggetto: il titano del mito che plasma gli uomini a somiglianza degli déi, che ruba il fuoco al sole per riscattarli dalle tenebre, e che diviene per il compositore il simbolo della lotta dell'anima contro la materia, della sua ascesa verso lo spirito.
Nell'estasi mistica, che è il fine ultimo dell'atto compositivo di Skrjabin, alla grande orchestra, al pianoforte, all'organo e al coro si uniscono le proiezioni luminose del clavecin à lumière, la linea della "Luce" (come le altre voci, composta su un semplice pentagramma, in chiave di violino), ma non si tratta di esteriori corrispondenze quanto del tentativo di cogliere quell'unica vibrazione, fonte primigenia della realtà.
Certo, attraversando le suggestioni della "musica da vedere", dell'incontro tra suono e colore, non ci si poteva non imbattere in Skrjabin e in questa sua opera. E il Ravenna Festival, nell'affidarla a un grande maestro del repertorio russo come Valerij Gergiev, che insieme all'Orchestra e al Coro del Teatro Marinskij di San Pietroburgo è stato negli anni uno dei suoi più assidui ospiti, si spinge ad indagare la fertile vena creativa di quella terra fino ad accostarvi un compositore che, per certi versi, si pone agli antipodi della poetica e degli sperimentalismi skrjabiniani, Rachmaninov. Tra i due si ricorda una discussione. Era il 1907, a Parigi: Skrjabin, insieme a Rimskij-Korsakov, tentava di convincere Rachmaninov che anch'egli, seppure non consapevolmente, nello scegliere le armonie percepiva il colore dei suoni. In quello stesso anno egli avrebbe composto la Seconda Sinfonia: senza rinunciare ai saldi e rassicuranti principi della forma classica, dimensione ideale per la sua inesauribile vena melodica.