testo Luca Doninelli
musica e regia del suono Luigi Ceccarelli
ideazione Marco Martinelli e Ermanna Montanari
drammaturgia e regia Marco Martinelli
in scena
Ermanna Montanari (Isis), Roberto Magnani (il guardiano dalla testa di topo)
scene e costumi Edoardo Sanchi
progetto luci Vincent Longuemare
produzione Le manège.mons/Centre Dramatique (Belgio),
Ravenna Festival (Italia), Ravenna Teatro (Italia),
Le Phénix-Scène Nationale de Valenciennes (Francia),
in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi, Comune di Ravenna, Edisonstudio-Roma
prima rappresentazione italiana
La Mano di Luca Doninelli è un romanzo in prima persona: è morto Geremia Olsen, un grande chitarrista rock. Si è troncato la mano sinistra con una scure. La sorella ha deciso di farsi suora, ma i conventi cui si è rivolta non l’hanno fatta entrare. Allora ha trasformato la propria stanza nella cella di una monaca, si è nominata Suor Isis, si è separata dal mondo. Lì passa i giorni a scrivere il suo diario, esercizio di memoria in cui al ricordo si mescola l’interrogativo: perché è avvenuto tutto questo? È la domanda senza risposta del tragico.
Ci siamo convinti che occorreva trasformare il romanzo in un libretto d’opera. Non abbiamo pensato a una riduzione nel senso quantitativo, ma in quello etimologico di re-ducere, “ricondurre”, operare la reductio ad unum: andare al punto in cui tutto si concentra, al grido di Geremia dall’abisso che tiene in tensione la scrittura del diario come su una ruota di tortura. Reductio ad unum come trasformazione in senso alchemico: dalla forma romanzo alla forma libretto.
Lo spazio è un luogo circolare, come gli antichi descrivevano l’anima. Isis se lo porta dietro, l’amato, nel suo cervello pieno di buchi, tra la Bibbia e i cartoni animati, guardata a vista da un silente guardiano con testa di topo, una figura da incubo che alla fine si svela essere il corpo senza vita di Geremia. “I cadaveri squittiscono”, si dice nell’Amleto. Isis insegue agli inferi il fantasma del fratello, il fantasma della Musica. Posseduta, come in trance, assume la voce di lui, si fa voce del passaggio, voce che s-muore, trapassa. “Succede di svegliarsi d’un tratto, fare qualcosa di frenetico, e poi tornare come morti”, scrive nel suo diario: questa frase non l’abbiamo messa in scena, questa frase è la scena.
Marco Martinelli e Ermanna Montanari